Il Tenente Colonnello dei Carabinieri TALAMO Manfredi, nacque a Castellammare di Stabia (Napoli) il 2 gennaio 1895, alle ore 11,10 da Francesco e Cappelli Semira, in via Napoli n.131. I genitori, insegnati, lo dichiararono alle ore 08 del 2 novembre 1895. Il nonno paterno si chiamava Matteo mentre il nonno materno si chiamava Cappelli Bonaventura. Dopo le scuole dell’obbligo a 18 anni fece domanda di arruolamento nell’Arma dei Carabinieri Reali e nell’agosto 1914 fu nominato Carabiniere a Piedi. Allo scoppio della 1° guerra mondiale egli come tanti italiani, partecipò, come carabiniere, al primo conflitto mondiale dando subito segni di attitudine al comando ed intraprendenza nelle azioni. Per tali sue attitudini fu promosso nel febbraio del 1919 al grado di Maresciallo d’Alloggio (Primo gradino all’ascesa dei gradi di sottufficiale, una volta ndr.). Sempre nel 1919, consegui il diploma di Ragioniere e con tale titolo fu ammesso alla Scuola Allievi Ufficiali. Uscito dalla scuola nell’aprile del 1920 con il grado di Sottotenente, gli fu affidato il comando del 262° plotone Carabinieri, del 26° Corpo d’Armata di stanza a Pola. Durante questo periodo il Talamo, si distinse per la sua intraprendenza professionale. Uno dei tanti episodi fu: "la cattura di tre evasi". Per tale azione il Sott. Tenente Talamo fu insignito della Medaglia di Bronzo al Valor Militare con la seguente motivazione: "In occasione di un tentativo di evasione da parte di tre detenuti che erano riusciti a raggiungere il tetto delle carceri, con alto sentimento del dovere si recava di propria iniziativa con due dipendenti militari sul tetto stesso, ove riusciva ad arrestarne due. Successivamente venne a colluttazione con il terzo dei fuggitivi, che armato di coltello opponeva resistenza e, noncurante di poter essere colpito dal fuoco delle sentinelle, riusciva, coadiuvato dai suoi dipendenti, a ridurlo all'impotenza". –Pola, 17 dicembre 1920 - R.D. 5 gennaio 1922. Nominato Tenente nel 1923, fece domanda di trasferimento per la Tripolitania. Accolta la sua richiesta, il Talamo si diresse alla volta dell’Africa. In uno dei suoi rientri in Italia il 19 settembre 1925 si sposò con la Sign.na SALIMBENI MARIA, nella città di Bologna. Rientrato in Africa ebbe quattro encomi,sempre a sottolineare il suo attaccamento al dovere ed il suo innato spirito umanitario. Rimase in colonia fino al 1930. Richiamato in Italia rientrò alla Legione di Roma e dopo gli fù affidato il comando della Tenenza di Viterbo, ove rimase fino al 1934 quando, promosso Capitano, fu inviato alla Legione di Bolzano, a disposizione del Ministero della Guerra. Intanto dal 1925 era stato creato in Italia il Servizio informazione militare (SIM), precussore del SIFAR(1948-1965) del SID (Servizio Informazione Difesa) (1966-77); del SISMI (77-2007); all’attuale AISI (Agenzia Italiana Servizio Informazione). Uno dei suoi Capi fondatori il Colonnello CESARE AME’, rivoluzionò tutti i servizi concentrando nel SIM tutto il controspionaggio Italiano. Il Talamo, che è stato uno degli uomini più “ricercati” nel 1933 fu chiamato a far parte del SIM con il grado di Maggiore e fu messo a capo dell’ufficio della SEZIONE-P (Sezione di Prelevamento). Egli era il deus ex-machine di tutte le violazioni alle Ambasciate di Spagna, Portogallo e Inglese, il Consolato Britannico a Torino, Consolato Americano a Roma ed a Milano. Fu proprio egli il promotore ed il realizzatore del furto del BLOCKCODE; il codice per decifrare i messaggi crittografati che veniva usato dall’Ambasciata Americana a Roma. Carpito questo segreto venne usato dagli Alleati dell’Asse (Germania-Giappone-Italia), ed in special modo dal Generale ROMMEL e dal Maresciallo KESSELRING, nella campagna d’Africa per venire a conoscenza e prevenire le mosse del nemico. Tutto durò fino a che, non venne catturato un ufficiale tedesco che confessò il possesso dei codici da parte dell’Asse. Durante la sua appartenenza al SIM il Talamo scoprì anche che, l’addetto culturale tedesco a Roma, un certo KURT SAURER, era un doppiogiochista. La diffusione di tale notizia, gli costò l’odio dell’ufficiale delle SS HERBERT KAPPLER, capo dei servizi di sicurezza tedesco che gli aveva chiesto di non divulgare la notizia per legami di amicizia con il Saurer e per non intaccare il prestigio tedesco. Un odio che in seguito portò il Talamo alla condanna a morte. Il MODUS OPERANDI della Sezione P, raccontata da alcuni marescialli, collaboratori diTalamo, subito dopo la guerra, era molto semplice.I vari componenti cercavano di avvicinare individui che lavoravano nelle sedi diplomatiche cercando di convincerli a collaborare. Se costoro dimostravano interessi, venivano intervistati da un signore in borghese, che da buon figlio di “Stabia”, parlava con accento napoletano. Era Manfredi che li interrogava e cercava di comprenderne l’affidabilità.Era sempre il Talamo, puro cavallo di razza, a portare a termine le missioni più pericolose, specialmente quando si trattava di prendere il calco di chiavi di casseforti o di aprire le stesse con i duplicati ottenuti e fotografare documenti e codici. Aveva creato con l’aiuto dei suoi collaboratori una fitta rete di informatori. Persino nel Vaticano, aveva facile accesso. Ogni volta che doveva entrare vi era una macchina ad attenderlo all’uscita dell’Arco delle Campane e dopo circa trenta minuti lo riaccompagnava. Riusciamo appena ad immaginare che tali facilitazioni, potevano essere permesse dall’allora capo della Gendarmeria Pontificia, DE MANDATO ARCANGELO, ex Carabiniere Reale al momento in pensione e che era stato un veterano di missioni all’estero per la raccolta di notizie sui territori dove veniva inviato. Fu su De Mandato che Talamo ripose le sue speranze dopo l’8 settembre per cercare di riorganizzare il controspionaggio a favore del Governo legittimo di Brindisi. Nel 1942 fu promosso Tenente Colonnello per merito di guerra. Dopo l’8 settembre le Forze Armate Italiane, rimaste senza ordini, si sbandarono, ma alcune unità dell’Esercito e della Marina contrastarono i tedeschi con le armi, come aROMA, BARI, CASTELLAMMARE DI STABIA, in SARDEGNA e a CEFALONIA, riuscendo in pochi ma rilevanti casi a prevalere. Le navi della Regia Marina, riuscirono a consegnarsi agli Alleati all’Isola di Malta.Fra i Partigiani Italiani e la Popolazione che militarono nelle file della Resistenza ci furono migliaia e migliaia di caduti sia in combattimento che vittime di rappresaglie e stragi, feriti, mutilati, torturati e deportati nei lager nazisti. E sarà in questo periodo che si avranno la maggior parte delle assegnazione delle Medaglie al Valore fra cui 19 (Diciannove) furono conferite a donne. I Carabinieri, dopo l’8 settembre, si resero conto di non potersi fidare degli ex alleati e decisero di attivare una serie di lotta. Le armi non vennero consegnate o furono rese inservibili, le perquisizioni imposte dai nazisti, non vennero eseguite, gli sbandati inviati alla macchia. A tale atteggiamento i nazisti divennero più diffidenti verso l’Arma, che incominciò a costituire nuclei di resistenza. Depurarono gli archivi dai documenti importanti, posero in salvo la Bandiera e a capo del coordinamento andò il Generale FILIPPO CARUSO che scelse come suoi collaboratori il Colonnello UGO LUCAed il Capitano GUGLIELMO ARDIA. Il Ten. Colonnello Manfredi fu messo per le sue conoscenze ed i suoi trascorsi militari, a Capo del Centro SIM. Egli da circa un anno dall’armistizio, fedele al giuramento prestato verso la Patria era entrato a far parte della Resistenza nel fronte militare clandestino sotto il comando del Colonnello MONTEZEMOLO. Il 5 ottobre del 1943 il Talamo fu arrestato, incarcerato e torturato dal capo delle SS di stanza a Roma, quel tale Kappler che aveva incontrato in altre circostanze negli anni precedenti, nessuna notizia trapelò dalle labbra del Talamo. Nel periodo della sua detenzione, i partigiani Rosario Bentivegna, Pasquale Balsamo e Carla Capponi il 23 marzo 1944 attaccarono, in via Rasella 33 di Roma dei soldati tedeschi appartenenti all’11°compagnia del 3°Battaglione del reggimento Bozen di stanza a Roma. L’attentato portò alla morte di 33 militari tedeschi che in seguito, per le ferite riportate aumentarono di altre dieci unità e, dei civili italiani fra cui un bambino. Il Comando Tedesco di stanza a Roma, sentito le direttive del Fuerer, diede l’ordine di radunare e condannare a morte nell’ordine di UNO a 10 tutti i ribelli sovversivi, catturati in seguito all’agguato. Il Kappler che era il Comandante delle SS di Roma, organizzò la lista dei condannati a morte. In essa vi erano 11 civili ,65 ebrei, 50 persone messe a disposizione dal questore di Roma Pietro Caruso e i restanti prigionieri vennero prelevati dal carcere di Regina Coeli e dal Comando delle SS di via Tasso. Il Kappler per vendicarsi dell’affronto che il Talamo gli aveva fatto quando era a Capo della Sezione Prelevamento (Sezione P), inserì anche il nominativo del Colonnello nell’elenco dei condannati, insieme ad altro personale dell’Arma: 5 Ufficiali : ( Il ten.Col.Giovanni Frignani, il Maggiore Ugo De Carolis, il Capitano Raffaele Aversa, i Tenenti Genserico Fontana e Romeo Rodriquez Pereira); 3 Sottufficiali : (Il Maresciallo Francesco Pedicelli; i Brigadieri : Candido Manca e Geraldo Sergi); 3 Carabinieri : (Il Corazziere Calcedonio Giordano, i Carabinieri Augusto Ronzini e Gaetano Forte), fino ad arrivare alla cifra di 335 vittime che furono portate alla cava di pozzolana di via Ardeatina e trucidate. Dopo fecero esplodere le cave per seppellire i corpi e nascondere il misfatto.
Era il 24 marzo del 1944, il Kappler ebbe la sua misera vendetta, mentre l’Italia ebbe a vantarsi di un altro gesto di eroismo e di virtù.
MARESCIALLO DEI CARABINIERI : ANTONIO DIMITRI
Nato a Castellammare di Stabia il 07 aprile 1967. Figlio d’arte, il padre Fiorenzo “Appuntato dei Carabinieri ha prestato servizio alla Compagnia Carabinieri di Castellammare di Stabia.” Erano circa le tre del pomeriggio di un triste venerdì, quando il MarescialloDimitri ed un suo collega, impiegati nell’ambito dell’Operazione Primavera, intervennero per bloccare i rapinatori che avevano assaltato la Banca Commerciale Italiana, all’angolo di viale Lilla e via San Francesco a Francavilla Fontana. I malviventi armati di taglierino, dopo essersi impossessati di circa venti milioni di lire, stavano tentando la fuga con due ostaggi. In quel momento davanti alla banca giunse l’auto con a bordo i due carabinieri di servizio in borghese. Dimitri non esitò un attimo ad intervenire, ma alle sue spalle sbucarono altri complici armati con fucili a pompa e pistole, che non esitarono a fare fuoco. Sette colpi ferirono a morte Dimitri, colpito alla nuca e alla schiena. Fu inutile ogni tentativo di soccorso per il militare. Era il 14 luglio 2000 aveva 33 anni.